
Title | : | Cargo |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | 8845920321 |
ISBN-10 | : | 9788845920325 |
Language | : | Italian |
Format Type | : | Paperback |
Number of Pages | : | 350 |
Publication | : | First published January 1, 1935 |
Cargo Reviews
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#21
Con cadenza trimestrale vuoto il cinerario (*1)
Maugham per le colonie orientali, Greene per quelle africane e un inedito Simenon per il centroamerica. A differenza dei primi due scrittori Georges descrive le colonie come ostili infide con un clima umido che mina l’esistenza. In Simenon mancano l’indulgenza per il paesaggio e gli indigeni, almeno fin quando Joseph Mittel non arriverà a Tahiti. E’ un romanzo con un impianto diverso rispetto ai molti (suoi) che ho letto, per numerosi giorni si svolge in mare aperto ed in località esotiche. L’impianto è diverso ma i personaggi invece sono riconoscibili. Prendiamo ad esempio proprio Joseph Mittel
Gli altri erano marinai e andavano a divertirsi da marinai. Anche gli amiconi di Mopps, nel quadrato, stavano bene tra di loro. Ma lui? Qual era esattamente il suo posto?
Non lo aveva mai avuto, un posto!
E poi la sua donna Charlotte
Era cresciuta a Dieppe, in quel vicolo ripido, con il moccio al naso e il sedere scoperto, in mezzo alla marmaglia... Aveva lasciato la scuola comunale prima di prendere la licenza elementare e, quando non doveva restare a casa per badare alle sorelline, aiutava la madre a trasportare le aringhe. Parigi... L’appartamento di boulevard Beaumarchais, la cucina dove Martin andava a trovarla...
Era tutta qui, la sua vita! E appena si era infatuata del ruolo che credeva di avere all’interno del piccolo gruppo degli anarchici...
Sono loro i protagonisti, si sono macchiati di un delitto in patria e sono saliti su un cargo diretto in America grazie alla compiacenza del capitano Mopps
Era uomo capace di finire in prigione senza fare una piega, comprare navi e rivenderle, e chissà, forse anche affondarle...
«Poi si è sposato».
«Come?»
«A San Francisco, con una americana, una ragazzina... Le aveva comprato una villa in Florida, con tanto di automobile personale, autista, domestici cinesi... Poi, non so per quale motivo, hanno divorziato. Lei lo ha trascinato in tribunale e ha anche vinto il processo, tant’è che lui le passa gli alimenti...».
«Era milionario. Voleva vivere sulla terraferma e a Le Havre ha rilevato una ditta di esportazioni. Nel giro di quattro anni ha perso tutto e ha ripreso il mare».
Mopps diventerà un personaggio saliente, così come il suo Cargo, tanto da ispirare il titolo del romanzo. È un Simenon vagamente dispersivo, le pagine sono un centinaio in più della confezione abituale, quello che dovrebbe succedere non succederà, non nei termini consueti. In molti sostengono che quando Georges abbandona il brumoso nord i suoi romanzi ne risentono, in realtà è lui ad evocare quel clima, a contrapporlo con quello appiccicoso e sfinente dei tropici, è lui ad instillare nel lettore la convinzione che scrivere di quel clima gli sia costato sofferenza.
Continuo a tenermi alla larga dalla biografia di Georges così posso congetturare liberamente che il capitano Mopps sia una proiezione dello scrittore libertino che ha combattuto con l’autocommiserazione giovanile come ha fatto Joseph Mittel. Mi ostino a credere che questo scrittore (incredibile) abbia disperso le proprie ceneri in numerosi suoi personaggi quando ancora era in vita.
(*1) Ogni tre mesi leggo un Simenon -
Come si possa scrivere dell'inconsistenza, degli spazi chiusi e opprimenti, delle ossessioni ricorrenti, riuscendo a tenere un tale tasso di tensione narrativa e interesse, solo Simenon lo sa. La migliore dimostrazione e' questo clamoroso romanzo. Il racconto di una fuga di due uomini e una donna. Fuga dal passato, ma anche dal presente che non corrisponde mai a cio' che si vorrebbe. Fuga dal mondo, ma anche dalle proprie insoddisfazioni e dai propri fantasmi. In viaggio per mare dalla Francia verso Sud, un Sud sempre piu' lontano, esotico e frustrante. Fuggire per evitare disperatamente la sensazione di inadeguatezza del proprio essere. Ovunque ci si trovi si e' fuori luogo e non all'altezza della situazione. C'e' chi se ne rende conto e soffre fino all'autodistruzione, e c'e' chi non ci arriva o fa finta di nulla, ed e' destinato a trascinarsi in una tribolata esistenza da "cargo". Le ultime quaranta pagine sono addirittura da delirio, e la distinzione che Simenon fa, tra una vita da "cargo" e una da "tram", varrebbe di per se' il piacere della lettura di questo capolavoro.
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Il libro-avventura dalla penna di Simenon, una fuga disperata attraverso gli oceani e attraverso la mente del protagonista, il tormento e lo scavo psicologico sono il tema sempre ben svolto che tiene incollati alle 350 pagine. Qualche ingenuità di trama, momenti improbabili, non rovinano il piacere di una lettura sempre ipnotica, che raggiunge il suo apice nei momenti finali della narrazione.
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...per me il migliore dei Simenon non gialli letti finora (romanzi solidi e molto ben scritti, ma che mi lasciano sempre un po' fredda)
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Il romanzo forse troppo ambizioso del trentenne Simenon
Cargo è la seconda tappa della mia parziale immersione nelle opere di Georges Simenon; pubblicato originariamente nel 1936, quando lo scrittore era poco più che trentenne, gli venne ispirato, come informa il risvolto di copertina di questa edizione Adelphi, da un lungo viaggio che tra il 1934 e il 1935 lo portò nell’America centrale e meridionale, quindi in Polinesia e in Nuova Zelanda. Nel solco del migliore stile grafico dell’editore di via San Giovanni sul Muro, la copertina del volume è a mio avviso di un magnifico ed evocativo minimalismo, con uno sfondo blu francese su cui spicca il bellissimo scatto di uno dei grandi fotografi francesi contemporanei, Jean Gaumy, che da sola riassume tutta l’atmosfera del romanzo, o quantomeno delle sue prime due parti. Alla cura nella grafica si accompagna l’ottima traduzione di Marco Bevilacqua, e questo permette di non censurare nettamente l’usuale mutismo dei romanzi Adelphi, ovvero l’assoluta mancanza di un qualsiasi apparato critico, che per la verità in questo caso si avverte meno, data la linearità della narrazione.
Insolitamente lungo rispetto agli standard dell’autore, Cargo si presenta come un romanzo ambizioso, al quale probabilmente Simenon aveva affidato molte aspettative rispetto alle sue capacità di andare oltre il genere poliziesco nel quale l’ingombrante personaggio di Maigret, apparso nel 1931 e che all’epoca contava già una ventina di episodi, lo stava intrappolando. Ambizione dell’autore, perseguita per tutta la vita, era infatti – in perfetta sintonia con la grande tradizione letteraria classica francese – di scrivere un roman total, un grande mosaico della vita del XX secolo di cui i singoli romans durs costituissero le tessere: visto in questa prospettiva Cargo può essere ritenuto una delle prime di tali tessere, e certo non quella cui Simenon attribuisse la minore importanza. Il risultato è tuttavia a mio avviso ambiguo, perché se da un lato il romanzo fa affiorare come già nelle prove dell’anteguerra lo scrittore belga mostrasse indubbie capacità di tracciare intensi ritratti psicologici dei suoi personaggi, peraltro già evidenziate in alcune opere precedenti come Le finestre di fronte, dall’altro risente della sua ambientazione esotica e del prevalere di situazioni avventurose, che appaiono spesso strumentali e forzose e hanno come cifra fondamentale una prolissità a tratti gratuita: è come se il lungo viaggio fatto nel periodo precedente la scrittura di Cargo abbia preso la mano all’autore, costringendolo in qualche modo ad ambientare il romanzo lungo le sue tappe più significative e vestendolo di una trama improbabile, con il risultato di una notevole perdita di credibilità della storia e di una certa ingenua superficialità di tematiche che ammanta tutta l’opera.
Protagonista del romanzo è Joseph Mittel, giovane parigino figlio di un martire anarchico, morto per la causa quando lui aveva solo due anni. Lo incontriamo mentre, in una sera fredda e piovosa, è sul cassone di un furgone che lo sta portando da Parigi a Dieppe. Nella cabina, accanto all’autista che ha dato un passaggio alla coppia, c’è la sua fidanzata, Charlotte, anch’essa giovane anarchica, spregiudicata e di costumi sessuali assai aperti. Fuggono, perché Charlotte ha ucciso l’uomo di cui era stata la domestica e amante, dopo aver tentato di ricattarlo al fine di raccogliere denaro per la causa.
A Dieppe riescono a imbarcarsi su un cargo, il Croix-de-Vie, in partenza per il Sudamerica. Mopps, il comandante e proprietario del cargo, assegna Mittel alle caldaie, mentre Charlotte diviene in breve la sua amante. Oltre al carico ufficiale il Croix-de-Vie trasporta molte casse di mitragliatrici, destinate ad una rivoluzione che sta per scoppiare in Ecuador: è questo il vero affare del viaggio, da cui Mopps si aspetta un lauto guadagno.
In vista di Panama giunge a bordo la notizia che Charlotte e Joseph sono stati segnalati alle autorità panamensi da quelle francesi, per cui non possono sbarcare. Inoltre il tentativo rivoluzionario in Ecuador è stato liquidato, per cui le mitragliatrici non possono più essere vendute. Mopps, che a questo punto non ha neppure i soldi per rifornire il cargo di carbone e pagare il diritto di passaggio nel canale, è costretto ad indebitarsi con degli strozzini: corrompendo la polizia del canale riesce a far passare nel Pacifico i due giovani, ai quali si è affezionato (soprattutto a Charlotte…), sbarcandoli nella città colombiana di Buenaventura, procurando loro documenti falsi e a Joseph un lavoro presso un amico.
La seconda parte del romanzo è ambientata nella giungla colombiana, in una piccola miniera d’oro della quale Joseph è divenuto da poco il contabile. Lui e Charlotte vivono completamente isolati dal mondo, in compagnia degli operai indigeni e di un geologo belga ormai impazzito per la solitudine, immersi in un clima umido e appiccicoso, circondati da topi e insetti. Presto Charlotte scopre di essere incinta, non sapendo se di Joseph o di Mopps; poco dopo contrae il tifo, e solo le cure assidue di Joseph riusciranno a salvare lei e il nascituro. Quando il parto si avvicina, dopo un drammatico periodo, riescono a farsi traferire a Buenaventura, dove c’è un ospedale. Alcuni mesi dopo ricevono inaspettatamente una lettera di Mopps, che li informa di essersi sistemato a Tahiti e li invita a raggiungerli. Per Joseph lasciare Buenaventura e raggiungere Mopps diviene quasi un’ossessione, dato il rapporto che lo lega al comandante, ma la cosa sembra impossibile perché non ci sono i soldi per il lungo viaggio. Riesce però a farsi imbarcare di nascosto, insieme a Charlotte e al figlio, sullo yacht di un magnate americano che ha fatto scalo a Buenaventura ed è diretto a Tahiti.
Nella terza parte del romanzo Joseph e Charlotte sono a Papeete, dove Mopps gli ha affidato la gestione del bar di un club di cui è presidente. Charlotte torna ad essere l’amante di Mopps nonché l’attrazione degli altri clienti, ed il disagio esistenziale di Joseph cresce, alimentato dalla gelosia per il rapporto tra la fidanzata e Mopps e dalla convinzione che il piccolo Charles, cui è molto affezionato, non sia in realtà figlio suo. Neppure la dolcezza del clima e l’affabilità dei tahitiani, in particolare delle belle ragazze del posto, lo risollevano, anzi Joseph cade in una spirale depressiva sempre più cupa, aggravata dal ritorno della tubercolosi di cui aveva sofferto da piccolo. Lascio al lettore la scoperta del bel finale.
Romanzo nettamente tripartito, quindi, nel quale ciascuna parte, ambientata in tre luoghi diversi e distanti, potrebbe costituire un romanzo a sé, e nel quale le tre parti sono legate da due elementi comuni: la formazione di Joseph, la sua progressiva presa di coscienza di essere un diverso, di non potersi riconoscere in alcuna delle categorie in cui l’umanità è articolata, e le atmosfere legate ai luoghi, che giocano un ruolo fondamentale nella creazione della cornice entro la quale si svolge il dramma esistenziale di Joseph Mittel.
Sin da piccolo egli ha dovuto far parte di un preciso ambiente sociale, nel suo caso quello della dirigenza anarchica: figlio di un martire della causa, è stato accudito e cresciuto in quanto tale, spesso utilizzato a fini propagandistici in occasioni ufficiali, e più tardi è ovviamente entrato in un circolo anarchico parigino, perché non poteva fare altrimenti. Anche la sua relazione con Charlotte è nata e si è consolidata all’ombra dell’ideale, tanto da essere basata più sulla condivisione di questo che sull’attrazione fisica, e tanto da essere caratterizzata da una (apparente, per quanto riguarda lui) assoluta libertà sessuale. Ma, riflette Joseph nella giungla colombiana, egli “vedeva l’umanità suddivisa in classi: contadini, operai, piccolo borghesi, ricchi, marinai ecc… Erano pur sempre delle categorie! Ognuno poteva sentire di appartenere a un proprio mondo, avere un’esistenza scandita da regole, da consuetudini… Lui era cascato di traverso, fuori dalle caselle. Non era nemmeno un anarchico, come suo padre.”
L’unico momento della sua vita in cui si è sentito veramente sé stesso è stato quando ha avuto un fugace incontro d’amore con una ricca signora americana. Anche adesso, tutto quello che gli sta capitando, l’improvvisa e imprevista fuga da Parigi, il ritrovarsi prima in Sudamerica poi a Tahiti, non dipende da lui, ma da ciò che ha fatto la sua compagna. A volte pensa all’assurdità di ciò che gli è capitato, e rimugina che avrebbe potuto rimanere a Parigi e fare una vita normale, ma poi ”si rendeva conto che non era così. La sua vita era cominciata davvero il giorno in cui aveva messo piede a bordo del cargo. Prima, non era che un ragazzino. A poco a poco era diventato un uomo”.
E proprio a bordo del cargo Joseph trova per un breve periodo sé stesso. Il franco rapporto con i compagni di bordo, cementato dal duro lavoro e dalla consapevolezza di saper fare, di essere accettato da loro in quanto riesce a dimostrarsi simile a loro lo rendono parte di quel particolare microuniverso umano, e gli fa accettare senza troppi tormenti il fatto che Mopps, che di quel microuniverso è il signore assoluto, gli abbia portato via la compagna.
Il suo disperato bisogno di essere qualcuno in quanto in relazione con qualcun altro emerge anche nell’oppressiva atmosfera della miniera nella giungla, quando gli unici momenti che hanno un senso sono quelli in cui si dedica anima e corpo al compito di salvare Charlotte e il bambino che deve nascere dal tifo.
Quando parte per Tahiti lo fa perché si illude di poter ricreare le relazioni umane che aveva instaurato sul Croix-de-Vie, in particolare con Mopps, ma nel paradiso tropicale troverà un sistema di rapporti che lo esclude e lo emargina sempre più.
Il secondo elemento che accomuna le tre parti del romanzo sono le atmosfere in cui la vicenda di Joseph è immersa. Simenon fa iniziare il romanzo in una Francia del Nord buia, fredda e piovosa, nella quale dominano gli odori acri del porto di Dieppe e quelli stratificati delle merci e del sudore dei marinai del cargo, per poi portarci nella luce abbagliante del Mar delle Antille, quindi nella appiccicaticcia e umida calura della giungla colombiana, per finire nelle luminose atmosfere di Tahiti. In queste atmosfere, che a volte assecondano a volte fungono da contrappunto ai sentimenti di Joseph Mittel, si sente nettamente l’eco di un’esperienza diretta dei luoghi, come detto molto recente, ma a volte si ha l'impressione della caduta nello stereotipo, o meglio della scrittura per così dire molto attenta al lettore medio, fatta per dargli ciò che si aspetta; ciò a dire il vero non può stupire più di tanto in uno scrittore che - pur reclamando una identità intellettuale più complessa rispetto a quella di padre di Maigret - agiva comunque già in quegli anni (forse soprattutto in quegli anni ancora giovanili) entro meccanismi editoriali che impongono regole precise.
Questa attenzione al lettore medio la si riscontra a mio avviso anche e soprattutto nell’articolazione stessa della storia, che oltre all’esotismo è costellata di colpi di scena ed episodi collaterali che sembrano avere il solo fine di coinvolgere il lettore con storie avvincenti (l’assassinio del vecchio ricco da parte di Charlotte, il carico di mitragliatrici, la vicenda del geologo belga nella miniera etc.) ma che in realtà si riducono a mio avviso a vicende non necessarie nell’economia del romanzo e mal risolte, quando addirittura non malamente abbandonate a loro stesse.
In questo senso mi permetto di dissentire dal commento di André Gide, grande amico di Simenon, riportato nel risguardo di copertina. Scrisse Gide a proposito del romanzo: ” non c’è assolutamente nulla che appaia inutile, nessun episodio, nessun dialogo, nessuna descrizione del paesaggio che non abbia una sua precisa funzione”. Ecco, personalmente credo invece che il maggior punto di debolezza di Cargo stia proprio nella sua sovrastruttura, nell’aver voluto costringere una vicenda esistenziale che può essere ricondotta al tema del disagio dell’uomo del novecento (”ancora? ebbasta!” direbbe Elena Grammann non senza una qualche ragione, in questo specifico caso) entro un diario di viaggio in luoghi esotici ed entro lo schema del romanzo d’avventura. Altri autori lo avevano già fatto, e il primo che viene in mente quanto ad ambientazione marina è Conrad, ma proprio un confronto con le opere del grande scrittore polacco-inglese si rivelerebbe impietoso per Simenon, troppo distante essendo la sua scrittura dalla capacità di evocare il mare come metafora della vita, come archetipo della condizione umana di fronte alla sua coscienza e ai grandi dilemmi che a questa pone la società in cui vive. Qui siamo tutt’al più alla minuziosa descrizione della necessità di nascondere la povera Charlotte dietro una paratia della nave per nasconderla alla polizia del canale, oppure alla superflua citazione di un film all’epoca famoso (Ombre bianche del leggendario Robert J. Flaherty); siamo insomma di fronte ad una sorta di ibrido tra avventure esotiche e romanzo psicologico che tutto sommato convince poco, anche se non mancano i momenti intensi, che portano la firma del grande scrittore. Forse il peccato originale di questo romanzo sta proprio nella sua ambizione e nella volontà di Simenon di darci un saggio della sua conoscenza di luoghi che aveva da poco visitato, il che lo ha in qualche modo costretto ad allargarsi anche quanto a mole del romanzo: della quarantina di opere dello scrittore belga che ho nella mia biblioteca questo è infatti di gran lunga il primo per numero di pagine, ma sulla base delle (per la verità poche) sue opere lette mi pare di poter dire che forse il romanzo breve sia da considerare la forma letteraria in cui Simenon è più a casa sua.
Termino inopinatamente tessendo l’elogio del cambio di titolo operato nell’edizione italiana: il romanzo infatti ha come titolo originale Long Cours, ma la scelta del titolo italiano è a mio modo di vedere molto azzeccata, perché, durante uno dei tanti colloqui, il comandante Mopps dice a Joseph che ci sono due tipi di navi da trasporto: i tram, quelle che fanno ogni volta lo stesso tragitto, tornando sempre dove sono partite, e i cargo, che partono per un porto credendo di tornare, ma lì trovano un nuovo carico che le porta altrove e così via. Cargo è quindi non solo il Croix-de-Vie sul quale Joseph Mittel ha lasciato la Francia senza sapere bene perché, ma un cargo è diventato lo stesso Joseph, peregrinando da un luogo all’altro lungo due oceani senza riuscire più a tornare al porto di partenza. -
Il libro della fuga. Dell'altrove che è aspettativa sempre tradita, dell'oceano che non è mai pacifico, dell'ansia e dell'incompiutezza, della gelosia e del complesso complottistico. Dove la luce opprime, il cielo incombe, l'isola isola.
(Psicotico, onirico, denso come colla). -
I loved this book! It had everything - a pair on the run from a murder in France, ships, Panama, the swamps of Chaca, Tahiti, a charismatic captain, a slutty woman and her weakling mate, gun-running, corrupt officials, TB, and even a little touch of leprosy. It's probably a 3.75, but who cares?
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This book is actually quite good.
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Very dramatic, I like that. The development of the characters is fascinating. However, it took me a long time to read it
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Cargo è il racconto di personaggi di statura minuscola gettati in ambienti molto più grandi di loro, che li asfissiano e li portano alla rovina. Lo sfacelo psicologico dei protagonisti e di tutte le pedine minori che ruotano intorno a loro è dettato dall'azione corrosiva dell'ambiente, di atmosfere che definiscono i pensieri dei personaggi e ne modellano il corso dell'azione: Simenon basa la buona riuscita del suo racconto non tanto su sussulti improvvisi della trama, quanto sul porre sotto gli occhi del lettore la decomposizione, lenta ed inesorabile, della sanità mentale di Mittel, unico vero personaggio pienamente positivo del romanzo, il quale si sente attaccato e quasi fisicamente ferito da un mondo nel quale non ha mai potuto trovare un posto. Alla marea di un mondo che rifiuta le pallide ombre che sono i personaggi del romanzo non sfugge nessuno, e nessun luogo offre sicurezza: forse solo i chiaroscuri tanto familiari della Francia, all'inizio del romanzo, possono offrire per Mittel e Charlotte una parvenza di protezione. Potremmo quasi dire che il filo della trama procede per un tragitto quasi prestabilito, del quale fin dall'inizio vediamo la fine: all'occasionalmente eccessiva lentezza dello svolgersi del racconto fanno contrasto le magistrali esplorazioni psicologiche dei coinvolti nella vicenda, personaggi a tutto tondo e dalla moralità continuamente ambigua. L'odissea di Mittel si realizza nella sua accanita quanto inutile resistenza alla minaccia della natura, dell'ambiente: secondo questa logica d'azione, non è solo la foresta pluviale sudamericana ad essere covo di pericoli e di morte, ed anche il sole cristallino di Tahiti può diventare una luce troppo forte e luminosa, acuire i sentimenti di delusione e disperazione che si nascondono sotto una vita di facciata, nella quale nulla ha importanza.
Cargo è un romanzo magistrale sotto questo punto di vista, meno nella costruzione vera e propria della trama. La sua mole, intesa soprattutto in termini di pagine (350 circa), è in ultimo giustificata da una penna che, come da tradizione simenioniana, non manca mai di mettere in rilievo l'epopea vana e stupidamente affannosa del perdente che non riesce in nessun caso a trovare il suo posto nel mondo, circondato da rapporti umani con esseri meschini e squallidi. È una sorta di eroismo smorzato, soffocato nel dubbio e nella disperazione, un elogio del reietto che si staglia, senza poter cambiare le cose, contro la crudeltà del mondo e dei comprimari che lo accompagnano in questo "romans dur". -
Really liked this one. Fairly long for a Simenon book, in terms of both page count and how it feels. It's a bit of a journey, sometimes almost arduous, but my guess is that might have almost been the point. The long exile that the title refers to here could be seen really as just one, any, individual life, even though the protagonist is Joseph (Jef) Mittel. The book has this feeling of endlessly fleeing from one place to the next and yet at the same time, eternal stasis and encumbrance. Each major relationship (particularly the love/lust/friendship triangle of Jef/Charlotte/Mops) in the book also has this conflict and dichotomy to it: at different points in the book each is the other's salvatoin or damnation.
Not an easy or breezy book, and not even a perfect book, but a really interesting one. -
"... portava sempre quel suo vestito rosso, che sanguinava nel sole.".
Anche se come al solito è scritto benissimo, ho apprezzato questo libro meno di altri di Simenon. Penso che ciò sia dovuto all'ambientazione tropicale e alle atmosfere asfissianti, tanto dal punto di vista climatico quanto da quello metaforico. Un libro che trascina il lettore, assieme ai protagonisti, in un contesto sempre più claustrofobico, come un cappio che tanto lentamente quanto inesorabilmente si stringe attorno al collo, fino all'inevitabile conclusione. -
Peccato... Finché si mantiene sul genere avventuroso si ha davvero l'impressione di leggere qualcosa all'altezza di Stevenson e Conrad. Diventando, a un certo punto, la cronistoria del decorso di una degenza, invece, perde -opinione personale- parecchio...
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È uno di quelli che mi è piaciuto di meno fino ad ora 🕰
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Si diceva "cambia pure cielo non cambierai tu"... Dopo la solita imprecazione all'autore che ha rubato un titolo come "Long-cours", non contento di ci� Adelphi ruba pure "Cargo". A noi quando sar� ora cosa rimarr�? "la convention dei capi-area"? Ouch! In ogni caso � un libro durissimo e dannatamente romantico. C'� qui gente, gentucola che aborre il piattissimo conformismo piccolo borghese, particolarmente stolido negli anni (fra le due guerre) in cui fu scritto. D'accordo. Ma l'alternativa � incerta, dura asprissima e afosa e il Capitano della nave che facilita la loro fuga, mostrer� loro condizionamenti ancora pi� stringenti. Sorprendentemente il pi� debole oltre che incerto, indefinito e labile scoprir� le risorse e le motivazioni per crescere nella sua fuga non solo lontano dalla galera ma verso la libert�. Non a caso il primo atto della sua nuova vita avviene nel cuore della nave, il ponte caldaie dove intuisce, vicino a quelle fornaci e a quei fochisti, che l'unico fabbro che ti pu� veramente forgiare sei tu e fichemoilapaix al resto. Mi ha fatto ricordare un dialogo: - Scegliesti? - Ho scelto. - Emon? - Morte. - L'avrai.
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Mi dispiace che non sia facile trovare una guida alla produzione extra-Maigret di questo scrittore, per trovare gli altri titoli ispirati dai suoi viaggi per mare che pare esistano.
Il titolo italiano Cargo si è discostato dall'originale Long Cours ed e' forse più azzeccato: la presenza del cargo è costante in tutta la narrazione, sia quando c'è, sia quando non c'è e se ne sente la mancanza.
La storia è stata definita su aNobii 'triste e angosciante', ma almeno fino a metà mi pare che i protagonisti vengano presentati come attori di una generale commedia umana, come da lontano, con un certo distacco; poi in seguito la vicenda si intensifica e in effetti si drammatizza.
Appunto durante la prima metà sono stato colto da un paradosso: può un essere umano trattare con distanza e distacco la generale commedia umana di cui in fondo fa parte? E' lo stesso discorso dello scienziato che non puo' non osservare un fenomeno senza modificarlo anche impercettibilmente con la sua osservazione. -
Not a murder mystery per se, though that's how my library has it categorized. Rather the psychological study of a young couple--Joseph and Charlotte--anarchists in 1950s France who must leave the country to avoid being caught by the police--Charlotte--self-centered and manipulative--has killed a man and is willing to go along with Joseph to escape. She's a real piece of work! If we believe everything we learn through Joseph's eyes, for this is his story not hers. She remains a mystery to Joseph, who in the end is also an interesting case. Quite an engaging study in the end. The book divides into three sections--one on the merchant freighter as they cross the Atlantic, one in the jungles of Colombia, and one in Tahiti. And then there's Mr. Mopps... what is his agenda? OK so maybe there are some mysteries here after all, but not murder mysteries.. Recommend this one.
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Simenon, nei suoi romanzi diciamo "non-margret", è fantastico perché ogni volta cambia, e ogni volta resta sé stesso. In questo romanzo, ambientato solo in parte sul cargo ma in cui la figura, il concetto del cargo è essenziale nella psicologia del protagonista e nel suo progressivo disfacimento, troviamo un'atmosfera che a dispetto dell'ambientazione di viaggio e poi esotica, è sempre più claustrofobica e allucinata. Il libro è insolitamente lungo per Simenon (350 pagine di solito sono due suoi romanzi, non uno), e forse per questo parte un po' più lento, ma ti afferra progressivamente e non ti molla più. Non con trovate di trama, ma con la sua impalpabile eppure fortissima atmosfera. Davvero bello, l'ennesima conferma di un grande Maestro.
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Era tanto che non leggevo un romanzo di Simenon e non ricordavo la sua bravura nell'ordire trame, nello scovare personaggi corposi insomma nel raccontare Storie che lasciano sempre un segno
Leggere Cargo in questi giorni di sole afoso e cielo pesante ha contribuito ad entrare in pieno nell'atmosfera pesante e sudaticcia dei tropici nella stagione delle piogge"Vedi come è bella la vita?"
Perchè dirglielo? Lo sapeva benissimo! Fin troppo! Ed era proprio perchè amava ardentemente la vita che era infelice.Una nota di elogio anche alla copertina: Il porto di Le Havre, "città grigia infeltrita di pioggia, dai moli neri e peasanti"
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Questo libro coinvolge e trascina il lettore in un vortice vischioso e amaro: difficilmente lo si abbandona, piuttosto lo si finisce con rabbia.
Cinque stelle all'opera per la trama, l'ambientazione e il profilo psicologico dei personaggi. -
E' il primo libro "non Maigret" che leggo di Simenon. Mi sono piaciuti molto I personaggi e la storia. Ho dato solo 3 stelle perche' mentre dall'inizio fino ai 3/4 del libro la storia l'ho trovata avvincente, il finale mi ha un po'delusa, l'ho trovato tirato per le lunghe e un po' deludente.
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Didn't find it plausible...forgettable :(